IL SILENZIO ASSORDANTE DI UN BATTITO
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Artesilva riapre la stagione espositiva con una mostra dedicata all’artista Paolo De Stefani, con opere inedite realizzate appositamente per l’occasione.
Quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono, diceva il poeta e pittore William Blake. La montagna ha da sempre ispirato ed è stata il soggetto di artisti e scrittori in modo più o meno evidente: Giovanni Segantini, Caspar David Friederich, Ugo Foscolo, Emily Brönte ecc.
Per alcuni di loro la montagna è luogo di pace e riposo; per altri, luogo che suscita il sentimento del sublime; per altri ancora è luogo inospitale e cupo.
Per Paolo de Stefani è luogo di confronto. Un confronto diretto con le geometrie della natura che disciplinano il mondo. De Stefani, infatti, ha una visione estremamente razionalistica delle forme naturali. Non è interessato ad una fedele rappresentazione delle stesse: risulterebbe idealizzante e fuorviante. Ciò che lo interessa è andare al dato più intimo dell’essenza delle cose, penetrarle e farle proprie: ed è proprio di questa appropriazione che parlano le opere di De Stefani. Egli osserva, si lascia pervadere dagli aspetti di imponenza, maestosità, severità e silenzio delle pareti granitiche per poi rielaborare mentalmente questi dati e restituirli nelle forme delle sue opere.
La montagna è, dunque, musa, energia creatrice, forza vitale. Ma è anche tentativo di disciplinare una grande quantità di stimoli e informazioni: in una sola parola, il caos.
Questo rapporto conflittuale con l’elemento naturale si riflette nelle opere di De Stefani attraverso una costante tensione fra gli opposti: vuoto/pieno, bianco/nero, totalità/nulla, stabile/instabile, grande/piccolo, caos/rigore geometrico, ordine/disordine, morbido/duro, leggero/pesante sono binomi tanto contrastanti quanto portatori di armonia. Creano una fortissima tensione ma anche un grande equilibro, esattamente come accade nella musica jazz: se armonia è il susseguirsi di una nota dietro l’altra con coerenza, il jazz rompe questa regola attraverso accostamenti inaspettati, ma facendo si che il risultato sia comunque sorprendente. Vi è dunque una forte componente musicale in queste opere, testimoniata proprio dai titoli Armonia dissonante e Dissonanza armonica che riprendono quella tensione antagonistica ma complementare di cui sopra. Tale tensione si sviluppa anche in rapporto allo spazio: De Stefani lo studia, lo analizza, lo disseziona, lo distorce in un eterno conflitto volto ad una estrema perfezione formale. Egli, infatti, non guarda solo allo spazio della composizione, ma anche a quello in cui essa si inserisce, al fine di creare un dialogo poetico fra opera e contesto, fra dentro e fuori, fra arte e vita.
De Stefani tratta con cura le proprie opere, infonde loro il battito vitale, le fa germinare, crescere. Il suo gesto sulla carta è delicatissimo ma incisivo, attento e quasi maniacale. Sempre progettuale e architettonico. Esse infatti non nascono per caso, ma per un’esigenza specifica dell’artista: ogni opera è necessaria – in senso filosofico – al suo percorso, attentamente pensata e studiata.
Ritornando alla natura, essa contiene già in potenza ciò che De Stefani mette poi in atto attraverso il suo lavoro. Nulla è lasciato al caso. Ogni cosa ha il suo tempo e spazio.
Silvia Borsani