Nella scomparsa di Pierantonio Verga, la presente mostra a Seregno (alla Galleria Arte Silva) è un’occasione per un ricordo a questo artista: la singolarità della figura umana, l’orizzonte espressivo, la verità profonda, testimoniale della sua pittura.
Nella recente visita allo studio, davanti alla sequenza dei quadri che vengono a costituire l’esposizione, è stata una commozione ritrovare questo tema così emblematico nell’intuizione di Verga: la casa, nell’interiorità della solitudine, nella lingua del silenzio, dei colori, nella vita segreta dello sguardo.
Spesso si ha modo di riflettere sul cambiamento linguistico in cui siamo immersi: la perdita simbolica delle parole; quell’accelerazione nell’arte dove tutto sembra accadere e scomparire in modo mediatico, intemporale.
Che cos’è la casa di Verga? È l’archetipo, l’alfabeto della condizione umana dove tutto rivive nella memoria, nell’affetto, nell’intima evocazione.
In qualche occasione ho avuto modo di ascoltare da Pierantonio Verga un suo pensiero che esprimeva ammirazione per due nomi apparentemente antitetici come Lucio Fontana (la spazialità) e Romano Guardini (espressione del cuore).
Con Fontana aveva avuto Verga una significativa, giovanile collaborazione. In questa direzione possiamo forse trovare una conferma nei suoi temi dei cieli, delle lettere mute, delle lettere senza fine.
Il tema della casa può essere ricondotto anche a un’esemplarità come Romano Guardini (di cultura tedesca, di origine italiana). Filosofo dell’esistenzialismo spiritualistico, Romano Guardini, in pagine sulla malinconia, parla della condizione di un “angolo” dove ascoltare le voci del mondo.
La casa in Pierantonio Verga è silenzio, abbandono, “angolo” dell’esistenza.
Ricorrono tre riferimenti intensamente esemplificativi: la casa povera, la casa del poeta, la casa dell’angelo. La casa povera è l’esilio da astratte categorie culturali: qui vivono le luci di ciò che abbiamo amato, del tempo povero che non ci abbandona. La casa del poeta conserva la parola che non scompare nella notte dell’assenza. C’è poi la casa dove l’angelo ci accompagna: un incontro breve, o una nostalgia, o un conforto, o una trepida illusione.
Il tema della casa continua nella declinazione di inesauribili espressioni (come suggeriscono i titoli di questa mostra): notte silente, la lontananza del cielo, quasi l’alba, si fa sera, dimora, la casa del cuore, la casa del ricordo.
In un’esposizione dedicata a Pierantonio Verga nelle sale di Palazzo Bovara, sede di Confcommercio, l’artista mi aveva espresso un sentimento di partecipazione per un richiamo a Eugenio Montale nella poesia La casa dei doganieri: la casa struggente della sera, casa del ricordo che custodisce la traccia perduta di un incontro, come un attimo di ciò che abbiamo amato e non è accaduto.
Nel viaggio della casa possiamo osservare il movimento dei colori. Non hanno una relazione empirica, naturalistica. Sono la circolarità di un tempo interiore: il bianco e nero come il giorno e la notte, l’emozione di un rosso, l’accensione di un giallo, la vicinanza di un verde, il cielo di un azzurro, un rosa d’alba.
Nella comunicazione vertiginosa dei linguaggi, Verga sa comunicare, nel suggerimento delle pagine dello psichiatra Eugenio Borgna, l’orizzonte del silenzio: le parole, il mistero del silenzio.